Una delle domande a cui mi trovo più spesso a rispondere è: “ma che differenza c’è tra cuoio e pelle?”.
Vi svelo un piccolo segreto: al di là di problemi di semantica, non c’è nessuna differenza sostanziale… è una questione di insiemi e sottoinsiemi. Mi spiego meglio. I termini “cuoio” e “pelle” tra gli addetti del settore differenziano il processo di produzione del pellame bovino. In origine, il termine “cuoio” indicava il pellame molto rigido conciato al vegetale che si impiegava per la realizzazione delle suole delle scarpe. Al giorno d’oggi, il termine “cuoio” viene ormai utilizzato per denominare qualsiasi tipo di pellame conciato al vegetale. Il termine “pelle”, invece, non indica altro che una macro-categoria che include tutti quei materiali che derivano dal derma di un animale, tra cui quindi anche il cuoio.
Alcuni sostengono che con “pelle” si indica il pellame morbido e sottile, mentre con “cuoio” quello rigido e spesso.
In alcuni settori manifatturieri sentirete dire che con “cuoio” si intende la pelle conciata al vegetale, mentre con “pelle” quella conciata al cromo (o chimicamente).
“Sì, ok, ma cos’è questa “concia”??”
Avete ragione pure voi.
La concia non è altro che il processo chimico/fisico che rende la pelle imputrescibile, e adatta ad essere lavorata. L’ho detta un po’ sbrigativa, in realtà la “concia” vera e propria è solo uno dei processi che portano al prodotto finito partendo dalla pelle grezza, prodotto di scarto dell’industria della carne (almeno per quanto riguarda il pellame bovino, che rappresenta il 70% del pellame impiegato nel settore manifatturiero).
Esistono, tra i tanti, due metodi principali di concia:
La concia al vegetale ha origini nella preistoria e in Toscana ha conosciuto il suo massimo splendore. Da secoli i maestri conciatori toscani si tramandano la preziosa tradizione artigianale, adesso connubio di antiche ricette e di avanzata tecnologia. Un processo basato sull’utilizzo di tannini naturali provenienti dagli alberi, sulle nuove tecnologie e sul lento scorrere del tempo.
La “concia al vegetale” è la più tradizionale e riconoscibile; l’unica capace di impartire al cuoio proprietà inconfondibili, versatilità d’impiego e unicità del prodotto.
La pelle conciata al vegetale assorbe le tracce del vissuto. Invecchia, ma non si rovina. Sono proprio i cambiamenti e le personalizzazioni che avvengono col tempo e con l’uso a testimoniare la naturalezza del prodotto. Le colorazioni dei tannini conferiscono col tempo calde tonalità al pellame, che tendono a riaffiorare in superficie con l’uso. Scegliere un prodotto realizzato con questo pellame significa possedere un articolo che è l’espressione di una filosofia e di uno stile di vita, unico e irripetibile.
source: https://it.wikipedia.org/wiki/Concia#Concia_al_cromo
È il tipo di concia di gran lunga più diffuso. Si valuta che circa l’80-90% di tutti i cuoi prodotti nel mondo siano conciati al cromo. La concia al cromo è relativamente semplice da eseguire, è economica, abbastanza rapida e sufficientemente flessibile. In pratica con la concia al cromo si può produrre cuoio adatto a qualsiasi scopo (eccetto cuoio per suola di calzature).
La concia al cromo è fondata sulla capacità del cromo trivalente (Cr3+) di formare complessi con i gruppi carbossilici del collagene (di cui sono costituite le fibre della pelle).
La durata della concia al cromo è di 3-6 ore per pelli piccole e sottili fino a un massimo di 20-24 ore per pelli bovine pesanti. La quantità di conciate è tra 5 e 8% (su peso pelle calcinata e scarnata) di cromo espresso come Cr2O3, fornito più frequentemente sotto forma di solfato basico di cromo (CrOH(SO4)).
Al termine della concia la pelle conciata si presenta di colore verde-azzurro, con tonalità diverse a seconda dei prodotti utilizzati nel piclaggio e nella basificazione. In tale stato, infatti, il cuoio conciato viene chiamato “wet-blue” con riferimento al fatto che è bagnato e ha un colore nel campo dell’azzurro. Il wet-blue, essendo ormai stabile nel tempo, può anche essere commercializzato. Molti Paesi produttori di pelli, infatti, non disponendo della capacità tecnologica per produrre cuoio finito, preferiscono esportare wet-blue piuttosto che pelli grezze per usufruire di un maggior valore aggiunto.
Se da un lato questo significa maggior velocità di produzione e maggiore omologazione del prodotto (tinte sempre uguali, maggior resistenza al calore e impermeabilità, ecc.), con evidenti vantaggi dal punto di vista economico, dall’altro bisogna far fronte ad un maggior impatto ambientale e a una ridotta “artigianalità” del prodotto, in quanto l’aspetto sarà meno naturale e l’odore nettamente più sgradevole e meno caratteristico.
Spero di aver chiarito almeno qualche vostro dubbio, e spero che sia chiaro ora perchè ho scelto di lavorare esclusivamente cuoio a concia vegetale:
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